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[Storia] La cenere dei nostri peccati – Capitolo Due

La cenere dei nostri peccati

– Capitolo Due –

‘Nin” disse quasi sputando un avvertimento ” fammi le congratulazioni” scossi violentemente il capo e continuai a camminare senza sapere dove andare.

Mi afferrò le braccia stringendo tanto forte da farmi sicuramente uscire dei lividi.

”Nina, piccola ingrata dopo tutto quello che ho fatto per te. Non riuscivo a sentirlo. Non volevo farlo. Volevo solo piangere e piangere. Sapevo di contare poco per lui ma non avrei mai pensato di non contare affatto. Lui era mio fratello, avrebbe dovuto volermi bene almeno un po’ invece non aveva fatto altro che rovinarmi la vita mettendo al primo posto la sua felicità.

”portami da lui. Facciamola finita subito” soggiunsi tutta scombussolata. Compiaciuto mi lasciò andare evitando di guardare il mio sguardo pieno di odio e rancore. Avevo finalmente capito che con Ash l’odio non serviva non se lo meritava, dovevo mostrarmi indifferente questo si che lo avrebbe finalmente fatto arrabbiare. Ci fermammo d’avanti ad un gigantesco cancello antico ben mantenuto che si aprì non appena quel farabutto ebbe suonato il campanello. Fummo scortati nella tenuta e poi dentro nel grande salone in attesa che il padrone si facesse vivo.

”Sta tranquilla. Ti userà solo per soddisfare i suoi bisogni” si sistemò il costume poi aggiunse ”ti costringerà a stare a letto e a porgergli una vena per il suo nutrimento finché non si stancherà di te. Prevedo che succederà molto presto” il terrore mi pervase facendolo gioire ”non te l’ho detto? Il tuo futuro padrone è un vampiro. Oh no non sto scherzando è la verità. Nessuno pagherebbe tanti soldi se non uno di loro. Ricco e senza alcun senso. Poi pagarli per te. Si divertirà tanto ad accontentare tutte le sue fantasie.” detto questo scattai dopo anni di oppressione.

”di una cosa sono sicura. Sarà sempre meglio di te. Chiunque lo sarebbe.” risi della mia audacia e mi godetti tutto il rossore che gli si accese sulle guancia. Per la prima volta ero io che ridevo di lui.

”vederemo se riderai quando ti avrà dissanguata e sbattuta come una normale prostituta” si avvicinò per colpirmi ma l’intervento di una inserviente lo bloccò.

”il padrone la invita a non sfiorare la merce con le sue mani poco adatte a maneggiare tanta bellezza” mi voltai a guardare la giovane, stupita dei suoi modi. Se ne stava a testa china, discorrendo con noi come se fossimo dei signori importanti. La guardai ammirata da tanta devozione per il padrone dimenticandomi del fatto che mi aveva chiamata merce.

”tanta bellezza?” esclamò indignato Ash indicandomi ”è bella quanto può esserlo un erba velenosa” mi allontanai da lui godendomi il fatto che non potesse nemmeno sfiorarmi e guardai in giro per la stanza. Ash fu convocato poco dopo in una camera alla fine del corridoio e ritornò tutto trafelato, negli occhi l’odio che mi fece intuire una cosa che riusciva sempre a spaventarmi. Quello sguardo significava che una volta soli mi avrebbe sistemata a dovere. Mi afferrò spintonandomi verso l’uscita.

”è inaccettabile. Novecento dollari. Cosa pensa quello stronzo, di poterti portare via da me così?” cercai di lasciarlo ma la sua presa non permetteva scampo era come la stretta di un boa o quella di un pazzo, la sua forza centuplicata opprimeva non solo il mio cuore anche la mia libertà e non potevo più permetterlo.

”Lasciami andare Ash, ormai il patto è fatto” tuonai finalmente libera. Indietreggiai di parecchio prima di accorgermi che anche il suo sguardo minacciava guai seri.

”no. Mi ha promesso novecento… è solo quello sarà il compenso per la quale ti mollerò qui.” scossi il capo contrariata, ovviamente però a lui non importava quello che pensavo.

”ti opponi a me Nina?” mi schernì con parole offensive, le solite alle quali non facevo più caso o quasi e si avvicinò per percuotermi quando qualcuno glielo impedì.

”L’avevo avvertita di non provare a toccare di nuovo la merce” disse la domestica entrata di corsa nella stanza avendo sentito il battibecco. Insieme a lei c’era un uomo. Uno dalle spalle veramente larghe e possenti con dei lunghi capelli neri uguali all’abbigliamento che, al contrario dell’osservazione che ne aveva dato mio fratello, trovai elegante.

Si girò verso la sua cameriera indicandole la porta e lei prontamente mi prese sottobraccio portandomi fuori in modo che quei due potessero discutere le loro faccende.

Tremavo e non per la paura bensì per l’eccitazione. Potevo considerarmi libera da quel momento in poi, Ash non mi avrebbe mai potuto fare del male li, mi sentivo al sicuro dalle sue mani e dalle sue attenzioni a volte invadenti. Sospirai appena e mi lasciai cadere, appena possibile sulla prima sedia che incontrai.

”Signorina, di grazia vorrebbe seguirmi. Ho avuto ordine di prepararla per la sera” la guardai un po’ incerta sul da farsi ma al contrario di quella donna anziana amica di mio fratello lei mi ispirava fiducia così mi alzai e andai da lei.

Entrò un altra donna e per un secondo ebbi la fifa nera che potesse essere il padrone della casa che veniva per parlare con me. Vederlo di spalle mi aveva fatto rizzare tutti i peli delle braccia visto che era l’unica parte dove ne avevo. Avevo afferrato poco e niente della sua figura eppure qualcosa mi disse che la sua bellezza sarebbe stata letale. Per possedere una casa come quella lì però non aveva problemi a spendere soldi.

Le due donne iniziarono a svestirmi ed io ero troppo stanca per opporre alcuna resistenza.

”Guarda qui” disse indignata la cameriera che avevo incontrato nella sala grande alla smilza dai capelli biondi. Stava indicando la mia schiena mentre mi sfilavo la canotta.

”Oh Signore” esclamò l’altra slacciandomi il reggiseno e inclinandomi per vedere meglio.

”Signorina…Chi..Chi le ha fatto questo?” domandò la più anziana delle due. Non risposi poiché ci era arrivata da sola ”quel disgraziato..Signorina la prego non li mostri mai al padrone…non gli piacciono certe cose” pensando che si riferisse all’aspetto fisico feci spallucce e indossai la biancheria di pizzo che mi avevano dato. Consisteva in reggiseno e pantaloncini sorretti da reggicalze e naturalmente da delle calze con il bordo in pizzo, per niente comodo il mio abbigliamento.

”é una bella ragazza” disse la donna rivolgendosi alla sua aiutante. ” si, soltanto mi domando se al padrone andrà a genio. Lo sai che è parecchio…strano” la donna strabuzzo gli occhi e ammonì la sua giovane amica invitandola al silenzio. ”Sta zitta Maria. Potrebbe sentirti.” Maria fece spallucce e continuò a trafficare sul mio corpo cercando di coprire come meglio poteva i graffi e i numerosi lividi sulla schiena. ”dico la verità”.

”non esagerare però” la rimbecco la donna il cui nome mi restava ancora ignoto.

”Il nostro potrebbe avere qualunque ragazza Talila. Dico solo che forse lei non è niente di speciale” ignorai i loro ragionamenti proprio come facevano con me finché poi non uscirono lasciandomi sola. Rimasi in piedi a lungo guardando la composizione della stanza. Era abbastanza semplice date le dimensioni della casa. Il letto era la parte che attraeva di più lo sguardo quando entravi poiché era la prima cosa che vedevi e anche quella più grande con il suo scheletro in ferro battuto e le sue due piazze e mezza.

Poi subito dopo sulla destra c’era la cabina armadio e il bagno mentre sulla sinistra, una porta finestra a tipo persiana che si affacciava su un balcone di parecchi metri con vista su uno giardino del quale non si riusciva a vedere molto perché tardi.

D’un tratto però la porta si aprì e qualcuno entrò. Sul momento mi irrigidii pensando che fosse mio fratello riuscito a convincere l’uomo a ritrattare ma nessun rumore aveva annunciato la sua avvenuta e mio fratello aveva un passo inconfondibile così mi voltai a guardare il mio nuovo padrone con rassegnazione. Non ci riuscii incontrai per un secondo i suoi occhi senza vederli davvero e abbassai lo sguardo in imbarazzo per il mio abbigliamento. Con disinvoltura lasciai cadere alcune ciocche sui seni per coprirli visto che il mio completino non aveva quella funzione.

Lo sconosciuto iniziò a sbottonarsi la camicia senza rivolgermi nemmeno per un secondo l’attenzione. Mi metteva in soggezione la sua presenza. Ero irrimediabilmente attratta dai suoi movimenti sinuosi e i suoi bellissimi capelli neri eppure allo stesso tempo mi faceva paura, tanto da impedirmi di muovermi e da farmi dimenticare di respirare. Si denudò della camicia lasciando in bella vista un fisico da togliere il fiato, possente, letale e appena scolpito.

Si iniziò a sfilare le scarpe quando finalmente mi decisi a raggiungere il letto evitando di concentrarmi troppo sulla sua figura. Mi infilai dentro le coperte cercando di non pensare al fatto che ormai non indossava più nulla. Fattosi vicino al letto, il cuore iniziò a battermi forte consapevole per la prima volta di quello che stava per accadermi. Avevo infatti capito che non ero stata vestita così per somigliare ad una bambola di porcellana, bensì per compiacerlo in tutti i modi che gli sarebbero andati a genio.

Sentii la testa farsi più pesante e il corpo perdere contatto con tutto quello che mi circondava . La sua mano cercò il mio mento e delicata lo sollevò verso di sé. Pensai che lo fece per obbligarmi a guardarlo, in realtà ero lontana anni luce dalla verità. Si chinò verso di me e quando il suo capo superò la mia bocca andando a rotta di collo verso il basso, mi ricordai cosa lui fosse davvero. Con naso sfiorò il mio collo facendomi deglutire rumorosamente poi dolcemente, schiuse le labbra e fu allora che il cuore si fermò.

Credetti che avesse deciso di mordermi invece posò un timido baciò sulla mia pelle mentre con le mani andava a liberarmi dalle lenzuola. Fece scivolarne una sulle mie cosce per poi accarezzarne l’interno.

Non riuscivo a rilassarmi anche perché non sapevo praticamente nulla di lui, non avevo udito una sola parola uscire dalle sue labbra nemmeno quando mio fratello gli aveva sbraitato contro. Tuttavia mi sentii in obbligo verso di lui visto che mi aveva salvata da una fine sicuramente peggiore.

Mi prese per i fianchi e mi tirò sotto di lui e messosi a cavalcioni su di me, mi guardò per la prima volta. Io tuttavia non ebbi la forza e quando le sue mani raggiunsero il bordo del mio reggiseno lo strapparono come fosse carta, con un solo morbido movimento, la stessa fine toccò alle culottes di pizzo e alle calze.

Con le mani cercai di coprirmi dal suo sguardo che sentivo scrutarmi fino all’inverosimile. Fu inutile poiché con poco sforzo riuscì ad allontanarle tenendole distanti, nulla fu la mia resistenza. Non sapevo cosa sarebbe successo dopo, non ne avevo idea.

Capitolo Uno>>

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