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[Storia] La cenere dei nostri peccati – Capitolo Tre

La cenere dei nostri peccati

– Capitolo Tre –

La mia totale inesperienza mi lasciava disarmata d’innanzi al suo tocco esperto e profondo. Si inarcò sopra di me e con le labbra ricercò uno dei miei seni. Mi svegliai di colpo una volta che lo ebbe trovato. Sentii contorcersi lo stomaco e bruciare verso il basso necessitando di punto in bianco qualcosa che solo lui poteva darmi, un piacere troppo grande perché potessi pensarci da sola. Allontanò il ginocchio dall’incavo tra le mie cosce e scivolò dentro di me delicatamente, troppo per poter pensare che fosse davvero un essere spietato e cattivo come lo aveva dipinto mio fratello al quale poi non pensai mai più.

Piansi per l’improvviso dolore cercando invano di trattenere le lacrime intenzionata a non dargli cruccio del mio dolore invece lui sembrò solo dispiaciuto. Quel vampiro mi prese il viso tra le mani e ne raccolse le lacrime come fossero la cosa più preziosa di questo mondo. Fu quel gesto che mi convinse ad alzare gli occhi verso il suo viso e a guardare finalmente chi fosse quel benefattore. Avrei voluto non farlo.

I suoi occhi erano la cosa più bella che avessi mai visto profondi come l’oceano e sfavillanti come uno zaffiro contro luce. Mi sentii strana come risucchiata dentro di essi. Mi persi per qualche secondo finché almeno qualcosa mi spinse ad essere coraggiosa come non lo ero mai stato. Con una mano cercai i suoi capelli intrecciandovi le dita e senza smettere di guardarlo mi inarcai appena a cercare le sue labbra.

Non riuscii subito, la vecchia me mi impediva di essere così sfacciata dopotutto che conoscevo di questo tizio se non che era un vampiro, che probabilmente uccideva le donne con la quale andava a letto dissanguandole dopo avergli regalato la notte più bella della loro vita e che lo desideravo come avevo desiderato solo la libertà.

Volevo rischiare però, poco sarebbe importato se alla fine non sarei vissuta per raccontare che avevo osato baciare un vampiro cogliendolo di sorpresa, facendogli battere il cuore che prima non avevo notato pompasse ancora sangue perché fu quello che accadde. Lo baciai appena assaggiando le sue labbra. Sapevano di freddo, di neve di casa e forse fu per quello che iniziai ad innamorarmi di lui. Da piccola io e Ash avevamo vissuto in una piccola casa assieme ad i nostri genitori in Finlandia e li la neve era all’ordine del giorno.

Ricordavo che non c’era giorno nella quale non pregavo per qualche fiocco di neve. A quel tempo Ash ed io eravamo quasi come due veri fratelli e avrei potuto giurare che un po’ mi voleva bene. Poi i nostri genitori erano morti e con loro anche la sua gentilezza nei miei confronti.

L’uomo rimase interdetto con le mani fisse sul materasso completamente allibito dal mio comportamento. Alla fine si decise a reclamare le mie labbra anche lui stringendomi forte a sé mentre mi faceva sua come mai nessuno era riuscito a fare.

Mantenendo una mano tra i suoi lunghi capelli fini feci scivolare la mia bocca sul suo collo e con mia meraviglia lo sentii gemere. Fu un suono debole ma significava tanto per me. Cademmo all’indietro con lui che mi sovrastava perso nei miei occhi così come io lo ero nei suoi. Risi per non seppi cosa facendo sorridere anche lui.

Cavolo, pensai non appena vidi il suo sorriso brillare nell’oscurità mostrando una serie di denti perfetti e bianchi. I movimenti si fecero più regolari e profondi come i nostri respiri ed io mi rilassai gustandomi a pieno i piacere di fare l’amore con uno sconosciuto che, anche se lo avrei negato a chiunque, mi stava rubando di già il cuore.

Gli mordicchiai il collo strappandoli un secondo sorriso almeno finché qualcosa cambiò dentro di me e mi sentii stordita da una sensazione che premeva per manifestarsi ed uscire. Mi baciò mentre le labbra gli tremavano per l’eccitazione. Io lo cinsi con le braccia sentendo i suoi pettorali aderire al mio corpo.

Poi iniziai a perdere la cognizione del tempo e dello spazio e una spinta infine mi costrinse a rispondere con un altra finché non crollai sfinita tra le sue braccia ansimante ma felice. Si allontanò appena per guardarmi meglio scostando delle ciocche sudate dal mio viso. Si stese su un fianco e quando anche io mi girai da un lato dandogli le spalle lui mi tirò a sé cingendomi con le sue possenti braccia stretta nel rifugio più sicuro del mondo.

Mi stampò un baciò sulla guancia e si lasciò andare sul cuscino. Io mi coprii con la coperta il petto stanca dopo una notte piena di cambiamenti come quella. Infilò le sue braccia tra le mie cercando le mie mani e quando le trovò le intrecciò alle sue portandole vicino al mio viso.

Ero troppo stanca per pensare che avessi appeno perso la mia virtù con un uomo che non conoscevo e che per di più giaceva addormentato al mio fianco senza alcun abito a dividerci o ad impedirci di cadere nella tentazione una seconda volta ma se anche fossi stata piena di energie non mi sarebbe importato, era stata di gran lunga la notte più bella della mia vita dopo secoli di oscurità.

Quando mi ero addormentata erano appena le tre del mattino e tutto era buio mi ero svegliata due ore e mezza dopo a causa di uno strano rumore come di qualcosa che veniva sbattuto e che mi aveva fatto saltare nel sonno. Era stato come se qualcosa si chiudesse di botto e mi guardai intorno mettendomi a sedere cercando la fonte di quel rumore. Tutto era scuro e impossibile da scorgere un qualunque intruso. Iniziai a preoccuparmi che Ash fosse stato tanto fuori di sé da decidere di entrare nella casa di un vampiro e disturbarlo mentre dormiva.

Lanciai occhiate in giro per la stanza pronta a proteggere quel vampiro se qualcuno avesse attentato alla sua vita. Il mio movimento brusco l’aveva scosso ma gli ci vollero dieci minuti buoni prima che riuscisse a svegliarsi. Si tirò su lentamente terribilmente provato e con un disperato bisogno di riposo solo per controllare cosa mi avesse turbata. Mi accarezzò i capelli portandoli tutti dietro l’orecchio e prese a baciarmi la spalla facendomi rabbrividire di piacere.

Tenendomi le coperte ben strette al petto continuai a scrutare nell’oscurità turbata finché lui non mi tirò giù e con un bacio dimenticai la paura. Sentii il suo bisogno che divenne subito il mio e facemmo l’amore per la seconda volta solo che questa volta non mi svegliai.

Aprii gli occhi che era ormai pomeriggio inoltrato e me ne stavo con la faccia sul cuscino a guardare il mio amante che dormiva beato posando un braccio sulla mia schiena come per impedirmi di scappare. Come se ne avessi intenzione. Gli accarezzai il viso sporgendo verso di lui per osservarlo meglio.

A vederlo così non solo sembrava innocuo e bello come solo qualcuno che non appartiene più a questa terra può essere bensì indifeso, un ragazzo di appena vent’anni per certi versi ancora acerbo. Si destò dal sonno guardandosi intorno poi si posò su di me scrutandomi per bene. Il suo capo giaceva sul mio grembo sfiorato gentilmente dalle mie mani quando le prime parole presero forma nel vuoto del pomeriggio.

Si sollevò scalciò via le coperte e si mise in piedi. Io guardai verso il basso per non farmi prendere dal panico. Andò in bagno e quando uscì si stava sistemando i pantaloni della tuta e la canotta nera. Una volta sistematosi l’abbigliamento mi guardò passandosi una mano tra i lunghi capelli che fino a poco fa tenevo tra le mie dita accarezzandoli come fossero seta. Chiusi le dita in un pungo per l’improvvisa assenza e lo guardai supplichevole di non andare.

Non sembrò accorgersi della mia muta richiesta e avviandosi verso la porta si fermò appena per dirmi ”Ti aspetto per la colazione…” prese una lunga pausa come se stesse sorridendo e pronunciò il mio nome nel modo più dolce e soave che avessi mai sentito in tutta la mia vita. ”..Nina” volevo chiedergli come facesse a sapere il mio nome, dove stesse andando e perché non restasse con me però non ne ebbi la possibilità perché una volta finita la frase uscendo chiudendosi la porta alle spalle.

Andai verso il bagno e quando vi entrai, mi sembrò surreale. Era ovvio che nessuno lo usasse spesso. Tutti i sanitari erano quasi nuovi e vi persisteva un ordine pazzesco. Tutti i prodotti erano messi in ordine di utilizzo sopra lo scaffale della doccia, che a guardarla, aveva non solo l’aria costosa ma anche di ultima generazione.

Cercai uno spazzolino e mi lavai i denti poi la faccia. Spazzolati i capelli, andai alla ricerca di qualcosa da mettermi. Non potevo contare sugli abiti di…di quel pezzo di Marco Antonio che era il mio padrone. Io gli arrivavo appena sotto il mento come potevo pensare che potesse entrarmi qualcosa di suo.

Alla fine optai per la camicia che aveva lasciato sulla sedia e un paio di boxer che trovai dentro un comodino accanto al letto. Non avevo nessuna intenzione di usare i miei vecchi vestiti perché non solo mi riportavano alla mente spiacevoli ricordi, erano anche scomodi e decisamente non nel mio stile. Non che una camicia oversize e dei pantaloncini che la maggior parte del tempo passavo a tirar su fossero meglio, però mi consolava il fatto che avessero un odore che mi rilassava da morire.

The original story was posted on EPF

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